giovedì 29 marzo 2012

Special Invitation

Mimma Ninni presenta nel suo Concept Store di Bari, in via Melo 91/B, il 14 Aprile 2012
dalle 18.00 alle 21.00 il lancio del nuovo sito www.mimmaninni.com  con una collaborazione senza precedenti : Marcelo Burlon .

L'uomo ,arbiter elegantiarum di Milano , event manager dall'eco internazionale di  Givenchy, Gucci , Prada ,Jil Sander ( solo per citare alcune aziende che si avvalgono della sua collaborazione), il cui nome è sinonimo in tutto il mondo , di bellezza ed innovazione ( non a caso il New York times gli ha dedicato un film sulla sua Daily Life)sara' il protagonista di un eccezionale DJ Set nel concept store Barese.

Il nuovo sito , interamente curato da NSS FACTORY ,fucina creativa di giovani designer web designer e coolhunter che nel 2009 diedero vita al primo portale di streetstyle italiano
naplestreetstyle.com ( oggi NSSMAG) , si avvale della nuovissima tecnologia HTML5 e presentera' il mondo mimma ninni nella sua totalità.
 L’evento sarà live sui profili twitter e face book Mimma Ninni.

martedì 20 marzo 2012

Do you Know Mr Burlon? - Interview from Pig Mag

Tutti sanno chi sia Marcelo Burlon a Milano. E non solo, perché pure il New York Times gli ha dedicato un video. Qualsiasi evento lui firmi, diventa subito cool (lui è l’ideatore il fondatore, con Andrea Mazzantini, della celebre serata milanese Pink Is Punk); oltre a questo è anche blogger, pr, stylist, creative director, dj, fashion editor. Mi gira la testa! Marcelo è ovunque, ma mai a caso e cerca di ottenere il massimo da tutto quello che fa. Amico da tempi immemori di PIG, non ci potevamo esimere questa volta da un’intervista come si deve. Lo abbiamo raggiunto nella sua casa di Milano, dove tra un chiacchiera e l’altra, abbiamo cercato di scoprire la sua storia e il segreto della sua incredibile ascesa. Persona con un karma invidiabile e una costanza d’acciaio, ci ha affascinato e un po’ anche fatto invidia, perché no… Personalità in continuo fermento e movimento però, lo sapevamo che prima o poi ci avrebbe dato anche “La” famigerata notizia. Ed eccoci al dunque… (Foto di Piotr Niepsuj)
Ciao Marcelo! Come va? Forse sono quella, che tra tutta la redazione di PIG ti conosce meno, quindi inizia da dove vuoi.
Se vuoi conoscere me, devi alzare quella cosa lì.
Io ovviamente alzo, uno strano gadget di legno a forma di indiano da cui sbuca repentino un pene gigantesco. Di questo mi avevano già detto qualcosa…
Ok ok… capito… ma raccontami qualcosa della tua storia… Tu sei di origine argentina. Italia: perché e quando? Hai un ricordo particolare legato a questo momento della tua vita?
Sono nato nel 1976. Sono arrivato in Italia nel Marzo del 1990, avevo 14 anni. In Italia perché mio padre è italiano e quando aveva 13 anni si è trasferito con i suoi genitori a Buenos Aires, nel dopoguerra. Mia mamma è argentina, ma i suoi genitori sono libanesi, trasferiti in Patagonia negli anni ‘30. Io appartengo ad una famiglia di immigranti da tutte e due le parti, e a mia volta sono un immigrante anch’io. Penso che sia una cosa che si ha nel DNA. Le generazioni prima iniziano e poi quelle dopo continuano il viaggio, io qui non mi fermo. Nel mio DNA c’è continuo movimento e quindi mi muoverò, infatti dall’Italia andrò via tra pochissimi anni.
Dove?
Ho pensato a New York, ho bisogno di un’esperienza forte come quella che mi potrebbe dare NYC, perché qui mi sto spegnendo un po’. Comunque continuo a seguire i miei progetti. Adesso ad esempio ho preso uno spazio in Via Custodi, che diventerà una sorta di “casa della cultura”, dove farò live show, brunch, unplugged. Uno spazio polifunzionale in cui potersi sfogare. Ho bisogno di nuovi stimoli e Milano mi sta davvero stancando.
Quali sono stati gli step che ti hanno portato ad essere il Marcelo Burlon che oggi intervistiamo?
Diciamo innanzitutto che ho la terza media, non ho titoli di studio e quindi in qualche modo dovevo fare qualcosa, emergere da qualche parte. Ho studiato canto, ma quelle sai, sono cose che vanno un po’ così… non ti portano sempre da qualche parte e poi non era quello che volevo fare. Prima ho lavorato come operaio: la mia famiglia quando ha lasciato l’Argentina, è diventata di operai. Tu mi chiedevi un mio ricordo: la prima cosa che mi viene in mente sono i miei genitori che lavoravano un casino. Siamo passati da una vita super privilegiata, con un’agenzia di viaggio, un tabaccaio e una lavanderia in Patagonia, ad essere in Italia e a svegliarci alle 4 della mattina per andare a lavorare in fabbrica. Poi ho trovato una via di fuga nei locali, iniziando a guadagnare molti più soldi dei miei genitori: ballando sui cubi, portando la gente nei club. Ho trovato una mia strada. Abitavo nelle Marche, in un paesino sul mare bellissimo, che però non mi portava da nessuna parte, se non che a iniziare a fare uso di droghe. Ho fatto anche teatro sperimentale a Rimini; ero sempre alla ricerca di qualcosa e non avendo avuto la possibilità di studiare, cercavo altri sfoghi. A quel tempo facevo anche il modello di roba commerciale, tra cui una campagna importante per un marchio chiamato Nose, il fratello di Fornarina. La mia foto era ovunque. Avevo 15-16 anni. Erano gli anni della house, un po’ cyborg, quelli delle Buffalo sai… Gli anni ‘90. Li ho vissuti proprio in pieno. L’ecstasy: ho vissuto una bellissima esperienza anche con le droghe, poi compiuti i 21 ho capito che non era cosa. Ho vissuto nelle Marche per otto anni dove ero diventato la faccia dei club più cool; giravamo spesso l’Italia per fare dei gemellaggi, come a Riccione. Smisi di prendere droghe grazie al buddhismo, perché mia mamma lo praticava, e questo mi ha aiutato tantissimo a decidere cosa volevo fare della mia vita: andar via da lì. Sono arrivato a Milano nel 1998 senza niente: non avevo soldi, conoscenze… Niente. Sapevo solo che volevo essere qui: una città in cui sfogarmi e crescere in qualche modo. Continuavo a fare il modello e il weekend tornavo nelle Marche a lavorare nei club dove mi pagavano molto bene, per pagarmi l’affitto a Milano. Abitavo in un loft sui Navigli con due amici, sai quelle robe tipo ventenni: dormivamo tutti nella stessa stanza. Un Carnevale decidemmo di fare una festa e di invitare gente che conoscevamo. La festa è diventata una delle più belle che fecero in città in quegli anni, perché c’era un insieme di persone e personaggi che fecero sì che quella casa si trasformasse in una sorta di club di NY anni ‘70 – tipo Studio 54. A questa festa c’erano anche i due che organizzavano il venerdì ai Magazzini Generali: Primo Piano Gallery, che all’epoca erano il top in città. Quello che sono oggi io a Milano, loro lo erano negli anni ‘90. Mi dissero che erano rimasti colpiti da questo mix di gente e di iniziare a lavorare per loro, mi diedero la responsabilità della porta dei Magazzini. All’epoca era la festa più bella, in fila trovavi Roisin Murphy, David LaChapelle, David Byrne… c’erano tutti. Era il posto dove, se arrivavi in città, andavi. Come puoi capire, essendo il responsabile della Porta, passavano tutti sotto le mie mani: decidevo io chi entrava, chi pagava, chi beveva gratis… avevo una sorta di potere. Lì ho iniziato a conoscere tutta la città e tutti iniziarono a conoscermi. Poi ho conosciuto Riccardo Tisci, che diventò il mio migliore amico e io il suo pr… come tutti sanno lui oggi fa Givenchy a Parigi. Anche Domenico Dolce mi chiese di lavorare per lui su un suo progetto, per pubbliche relazioni, eventi, ecc… Quindi dai club sono passato all’ufficio stampa. Ah! Step indietro: facendo la pubblicità per Nose, avevo conosciuto la pr di Milano, Susanna Ausoni, da cui alla fine ho fatto scuola, che mi disse che aveva un progetto per me… Io stavo pensando di andare a Londra, ma lei mi disse di aspettare, che qualcosa si sarebbe sbloccato. Tempo dopo la rincontrai a Milano e fu lei che mi portò nelle Marche a fare il responsabile ufficio stampa per Nose.
Sempre a Milano, un giorno stavo camminando per strada e una coppia su un motorino mi grida “Marcelo”. Erano una coppia di amici, Jenna Barnett e Gianni Cirfiera: erano tornati da Chicago, dove avevano vissuto per qualche tempo, e hanno iniziato a frequentare le mie feste. Lei aveva un giro interessante e mi chiese di fare da pr per Armani e il suo anniversario di 25 anni come stilista. Quindi il mio vero battesimo a Milano è stato con Armani: avevamo fatto una festa pazzesca in cui c’era il mondo intero e io diedi il mio contributo portando tutta quella gente che fino a quel momento non aveva mai avuto la possibilità di raggiungere una festa di Armani. Fu così anche che iniziai a mettere insieme le mailing x stilisti, eventi ecc. Come oggi: il mio compito è di portare tutte le persone della strada, ma che vivono la città e magari non frequentano certi giri, a questi eventi. Poi Riccardo, poi Domenico Dolce…
Sembra che nella tua vita ci siano state una serie di fortunate coincidenze… Quanto è questo e quanta invece la tua bravura nel saper coltivare e far crescere ogni opportunità?
Arrivai a Milano con solo una cosa: l’oggetto di culto buddhista. Tutto per me passava attraverso il buddhismo e questo ti dice che praticandolo, ti troverai al posto giusto al momento giusto. Ed è così. Il mio inizio di Milano è stato tutto all’insegna del buddhismo e della legge “Sutra del Loto”, la legge di causa-effetto. Volevo lavorare per D&G quando avevo 14 anni e ci sono arrivato. Un altro era lavorare per DIESEL e tutt’oggi lo faccio. Il carattere che ho, mi permette di essere molto più rilassato, sciolto anche in determinati ambienti: è un altro punto di forza. Sono sudamericano e ho un modo di comunicare, un’indole, diversi da quelli italiani, da come sono stati abituati a Milano.
Quando ero da D&G la pr aveva 60 anni e mi diceva “Non capisco tu cosa stai facendo” e io “Mi butto a rinfrescare la vostra azienda”. Ho portato una ventata d’aria fresca, che è anche il mio compito con gli eventi, introducendo tutta una nuova generazione di stilosi, nerd, artisti, studenti… che hanno delle idee, che poi metto anche sul mio blog.
Qualche suggerimento di Marcelo Burlon per essere dei buoni imprenditori di se stessi.
Avere delle idee chiare, non vagare. Se devi vendere un prodotto devi capire davvero cos’è nella sua essenza. Oggi io vendo me stesso, tant’è che ho fatto le cartoline con la mia faccia. Mi hanno detto “sei uno sfigato”. E invece no, perché se le aziende vogliono me, vogliono la mia faccia, il mio mondo, la mia gente, la mia storia, il mio gruppo di hipsters.
Altro… Di fare le cose col cuore, quelle che ti piacciono e che senti realmente che ci stai mettendo passione, altrimenti diventi una macchina e già di macchine ce ne sono a sufficienza. Tante macchine e pochi cuori.
Tu sei blogger, pr, stylist, creative director, dj, fashion editor… aiuto! Uno: se dovessi scrivere la tua autobiografia, come la inizieresti?
Non riuscivo a scendere dal cubo.
Due: come riesci a gestire tutte queste cose? Mi racconti una tua giornata tipo?
Gestire tutto sembrerebbe difficile, ma è facile. La cosa bella del mio lavoro è che mi concentro molto, ma magari per una settimana su un progetto. Lo consegno e cambio progetto. A volte si incrociano, ma ti dividi la giornata: fai due ore su un lavoro, tre su un altro… non è difficile. Alla mattina mi alzo alle 10, vado a yoga alle 11, per le 13 sono operativo e poi vado avanti senza orari, magari alle 3 di notte sto ancora lavorando. La fortuna di essere un libero professionista è che non hai orari e non dipendi da nessuno.
Visto che sei un punto di riferimento in fatto di tendenze, tu quando eri giovane invece, quali seguivi (musica e moda), soprattutto nel tuo approccio milanese?
Ovviamente il clubbing, perché era quella la mia storia, il filone house… C’è stato un momento molto bello di Milano, verso il 2000-2001, in cui tutto il mio gruppo di modaioli, gay… si è unito a quello skate, i writers… Tutto quel gruppo con cui magari prima ci snobbavamo, perché comunque eravamo due scuole completamente diverse.
C’è stato un momento in cui il clubbing ha unito queste due realtà e ci siamo incontrati ai Magazzini, perché nella sala sotto (dove anni dopo Marcelo ha iniziato a organizzare il Pink Is Punk, ndr) facevano anche hip hop e io mi stavo un po’ spostando dalla house all’hip hop. Ovviamente facevo entrare gratis e bere pure tutto il loro gruppo, quindi ero diventato il loro migliore amico. Dumbo mi ha anche fatto un tatuaggio, che rappresenta insomma quel momento di Milano, quello in cui quei due mondi si sono incontrati e io mi sono spostato più verso l’hip hop.
Avevi anche tu un tuo “pseudonimo”?
No, ma scherzando taggavano loro il mio nome, che era Pluto. Dumbo, Pluto, Panda… questa era la storia. Su qualche muro si può ancora vedere Pluto (come in Via Forcella, ma anche in Piazza XXIV Maggio). Diciamo che era una cosa scherzosa, non ho mai fatto seriamente. Cioè… non so scrivere con le bombolette… ma è stato molto bello.
Perché secondo te nel 2011 intervistiamo Marcelo Burlon? Non prenderla in maniera offensiva, è una curiosità, per capire dove la nostra società ci sta portando e il significato di immagine che ci viene dato e trasmesso a livello mediatico, il suo potere. Ho visto video, interviste, partecipazioni a programmi radio e tv… sei ovunque…
Diciamo che in questo momento rappresento internazionalmente Milano, molti me l’hanno detto “Tu stai rappresentando Milano; chi pensa a Milano, pensa a te” perché faccio progetti interessanti, carini, che piacciono… ad altri non piacciono… tipo se vedi il video del New York Times, i commenti che hanno lasciato, ce n’è qualcuno cattivo, ma vedi anche che hanno commentato con superficialità. Va bene anche quello… Vengo intervistato per eventi e altro, ma diciamo che dall’arrivo dei blog, di facebook e di altri social network, ci sono molti personaggi che sono spiccati e io sono uno di questi.
Il personaggio più affascinante che hai incontrato durante la tua carriera?
Marina Abramovic. L’ho incontrata l’anno scorso durante la mostra che ha fatto al MOMA. Givechy le aveva dedicato una cena e una festa. Poi ci siamo rivisti ad un’altra cena più intima, in cui abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere molto interessanti.
Il tuo sogno erotico?
Il mio tipo è l’uomo con la barba! La barba per me è segno d’erotismo.
La cosa più bella che hanno detto su di te? E la peggiore?
Inizio dalla peggiore, per fortuna me l’hanno detta in faccia: che sono “fuffa”, niente. E’ stato un mio collega, una persona che fa il mio stesso lavoro e con cui ci odiamo. La migliore… Ce ne sono tante, non so, soprattutto nell’ultimo periodo, dopo New York Times e vari, in cui le persone magari iniziano anche a dare più valore a quello che faccio.
Una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui ti piacerebbe rispondere?
Sei felice? Non me lo chiedono in tanti…
E la risposta sarebbe?
Sono molto solo, nonostante tutto. Passo molto tempo da solo e ci sto bene, ma uno magari pensa che con un certo tipo di lavoro sei sempre circondato da gente… Non è vero un cazzo.
Ho i miei amici, la mia famiglia, i miei amici che sono la mia famiglia, visto che quella vera abita ancora nelle Marche. I miei amici sono “cinque persone”.
Sono felice.



lunedì 20 febbraio 2012

Spektre...Back in Store


Spektre is a Milan-based sunglasses brand since 2009.
Our aim is to share the taste for aestethic through a product entirely thought, designed, handmade in Italy.
With high-ended lenses made by Carl Zeiss Vision , you will feel cool and protected.

Now also available the new model : BELLAGIO

mercoledì 8 febbraio 2012

Repetto on Vogue




The brand Repetto is on Vogue Italia , Feb.Issue. We love the Neon Colors Trend! It's going to be massive in SS2012!